La zirconia negli impianti dentali | Odontoiatria33

2022-05-28 02:49:20 By : Ms. Leslie Youcable

Introduzione Lo sviluppo degli impianti dentali può essere fatto risalire a Maggiolo che nei primi anni del 1800 realizzò i primi impianti post-estrattivi in oro[1] sebbene ricerche archeologiche abbiano mostrato che impianti dentali in ferro furono applicati in epoca romana[2] e forse anche in tempi precedenti[3].

Gli attuali impianti dentali a vite sono dovuti a P.I. Brånemark[4] e il titanio – di cui egli scoprì le proprietà di osseointegrazione – è attualmente senz’altro il materiale di riferimento in implantologia.

Ad oggi si stima che nel mondo più di 350 aziende producano circa 1600 sistemi implantari, di cui il 98% è ottenuto dalla lavorazione di questo metallo o delle sue leghe.

Tab. 1 Leghe titanio usate in odontoiatria[5,6]

Nonostante ciò, sussistono a tutt’oggi alcune perplessità sull’impiego dei metalli nel cavo orale, in particolare in implantologia. Saggi cellulari in vitro descrivono la capacità di scatenare una risposta immuno-infiammatoria a livello locale delle specie solubili del titanio impiegato in odontoiatria[7]. Come messo in evidenza dall’European Association for Osseointegration, non è possibile ad oggi escludere con assoluta certezza che alcuni pazienti possano presentare ipersensibilità al titanio che può essere soggetto a tribocorrosione (per esempio, se abraso durante operazioni di pulizia o la masticazione in presenza di ambiente acido) rilasciando ioni metallici nei tessuti perimplantari, accelerando quindi la produzione di citochine con effetti negativi sull’osseointegrazione dell’impianto[8].

Un altro aspetto messo in evidenza dalla letteratura scientifica è relativo all’estetica degli impianti e degli abutment in titanio, il cui colore grigio/nerastro non può essere completamente celato dai tessuti perimplantari, specie nei casi di tessuti gengivali sottili o di recessione degli stessi[9-12], un problema particolarmente evidente nei settori anteriori.

Tutto ciò ha originato la domanda di materiali non metallici alternativi al titanio. In particolare, la zirconia policristallina tetragonale, stabilizzata con ossido di ittrio (Y-TZP: Yttria Tetragonal Zirconia Policrystal)[13] ha trovato numerose applicazioni in implantoprotesica[14-16]. Numerose aziende – alcune delle quali elencate in tab. 2 – si sono dedicate alla produzione di impianti dentali in zirconia, un segmento di mercato che presenta un rateo di crescita significativo, valutabile in circa il 6% per anno nel periodo 2021-2026.

Tab. 2  Aziende produttrici di impianti dentali in zirconia

                                 

2. Che cos’è la zirconia? Identifichiamo con il nome “zirconia” i composti a base di biossido di zirconio, ZrO2. Il metallo da cui esso deriva è lo zirconio (Zr), elemento relativamente comune nella crosta terrestre: è diciassettesimo nella scala di abbondanza relativa, più abbondante di elementi ritenuti comuni quali rame, stagno, piombo o zinco.

Lo zircone (silicato di zirconio: ZrSiO4), è il minerale più comune e più sfruttato commercialmente ed è noto da tempi antichissimi con il nome di “giacinto”. Con questo nome è citato nella Bibbia tra le pietre che ornano il pettorale di Aronne (Mose 28, 15-30) e tra quelle che formano le fondamenta delle mura della Gerusalemme celeste nel libro dell’Apocalisse (Apocalisse 21, 19-20). Lo zircone prende nome dal persiano Zar-Gun (del colore dell’oro) per via delle colorazioni di questi minerali[14].

Associato originariamente a rocce ignee, per erosione dagli agenti atmosferici e per successiva sedimentazione costituisce oggi importanti giacimenti nelle sabbie costiere. Questi materiali grezzi sono utilizzati in gran parte direttamente come abrasivi, nella fabbricazione di refrattari o di conchiglie per la fusione di metalli. Di converso, le polveri usate per ottenere la zirconia per usi clinici – così come i prodotti in zirconia impiegati in campo ingegneristico – sono di purezza elevatissima, ottenute da processi di sintesi basati su reazioni allo stato solido, su reazioni gas-solido o su processi quali, per esempio, la co-precipitazione da soluzioni di sali o processi sol-gel[17-19].

La struttura cristallina della zirconia presenta il cosiddetto polimorfismo, che consiste nell’assumere geometrie e dimensioni diverse in modo reversibile a seconda della temperatura: monoclino (m) da temperatura ambiente a circa 1100 °C, tetragonale (t) nell’intervallo da 1100 °C a circa 2400 °C e cubico (c) al di sopra di questa temperatura. A causa delle diverse forma e dimensione dei reticoli cristallini (o fasi), come illustrato in fig. 1 e in tab. 3, il materiale assume densità differenti.

Fig. 1 Reticoli cristallini della zirconia (ZrO2)

Tab. 3 Parametri reticolari e densità delle diverse fasi cristallografiche della zirconia

Soprattutto la differenza di densità del 4% circa esistente tra la fase t e la fase m ha rilevanza tecnologica, perché durante il raffreddamento che segue la sinterizzazione la zirconia passa alla fase t (la temperatura di sinterizzazione della zirconia è superiore a 1170 °C) alla fase m, ma le tensioni meccaniche indotte nel materiale dall’espansione conseguente alla trasformazione t-m causano la frattura dei pezzi. In pratica, ciò rende impossibile sinterizzare biossido di zirconio puro, i cui usi furono a lungo per questo motivo limitati agli abrasivi e ai coloranti.

Negli anni Trenta, i lavori di Ruff[20] e Passerini[21] dimostrarono che le microstrutture tetragonale e cubica che si formano ad alta temperatura possono essere stabilizzate fino a temperatura ambiente introducendo nel biossido di zirconio ZrO2 opportuni ossidi detti appunto “stabilizzanti”. I loro lavori consentirono lo sviluppo della zirconia cubica (Fully Stabilized Zirconia, FSZ) come materiale ceramico.

Oggi sappiamo che ciò è possibile usando vari ossidi (per esempio, MgO, TiO2, Al2O3, Y2O3, e altri) che formano soluzioni solide con il biossido di zirconio ZrO2[22]. I diversi ossidi stabilizzanti e i differenti processi di sinterizzazione danno luogo a una famiglia di ceramiche a base zirconia caratterizzate da microstruttura, composizione chimica e proprietà specifiche, quali quelle illustrate in fig. 2.

Fig. 2 Schema della microstruttura di alcune ceramiche a base zirconia. Adattato da Claussen[23]

Lo sfruttamento della trasformazione t-m come meccanismo per aumentare la resistenza meccanica della zirconia è stato proposto da Garvie et al.[24]. È noto che la frattura nei materiali ceramici origina da difetti o cricche (per esempio, microfessure, pori, inclusioni) presenti nella microstruttura del materiale, che sotto stress si propagano fino alla rottura guidati dalla concentrazione di sforzo esistente all’apice del difetto stesso. In breve, questi studi hanno osservato che l'energia associata al campo di tensioni che guida la crescita della fessura in una zirconia “stabilizzata” può essere dissipata dalla trasformazione t-m dei grani presenti lungo il suo percorso. Inoltre, a causa del vincolo esercitato dai grani vicini sui grani trasformati, l’espansione del reticolo origina un campo di sollecitazioni compressive che aumenta la soglia energetica che la fessura deve superare per potere progredire[13]. Il risultato di questi meccanismi operanti a livello microstrutturale è: a) l’aumento della resistenza meccanica del materiale, b) l’aumento della tenacità del materiale ovvero dell’energia richiesta per produrne la rottura.

La zirconia per usi clinici è stata sviluppata nella seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso dalla società Ceramiqués Techniques Desmarquest (oggi parte del gruppo St. Gobain) grazie al lavoro del team guidato da due scienziati francesi, Bernard Calés e Pascal Christel[25,26] per la realizzazione di testine per il giunto articolare delle protesi di anca. Oggi la zirconia è impiegata soprattutto in odontoiatria[27], mentre in ortopedia è stata sostituita da materiali compositi zirconia/allumina, che grazie alle loro superiori proprietà meccaniche – come sommariamente descritto nella parte 5 di questo lavoro – hanno consentito lo sviluppo di componenti ceramiche per artroprotesi di ginocchio e spalla, dei quali alcune illustrate in fig. 3.

Fig. 3 Componenti per artroprotesi in composito zirconia-allumina (per gentile concessione della CeramTec GmbH, Divisione Prodotti Medicali, Plochingen, Germania)

La sola zirconia YTZP è oggi qualificata per impiego nei dispositivi medici da uno standard ISO (ISO13356): pertanto, nel seguito di questo testo, con il termine “zirconia” identificheremo la sola YTZP, salvo differentemente specificato. La YTZP è una soluzione solida ceramica con struttura policristallina tetragonale, caratterizzata da grani cristallini con diametro equivalente medio di circa 0,5 mm, che si forma a circa 1170 °C e viene stabilizzata a temperatura ambiente grazie all’aggiunta di ossido di ittrio (Y2O3), denominata Yttria Tetragonal Stabilized Zirconia (Y-TZP). Altri materiali di interesse biomedico sono la zirconia stabilizzata con ossido di cerio (Ceria Tetragonal Stabilized Zirconia, Ce-TZP), la zirconia parzialmente stabilizzata con ossido di magnesio (Magnesia Partially Stabilized Zirconia, Mg-PSZ) o la zirconia cubica (Fully Stabilized Zirconia, FSZ).

Tab. 4 Proprietà meccaniche di alcune ceramiche a base zirconia

3. La zirconia negli impianti dentali L’uso della ceramica negli impianti dentali origina dagli studi del prof. Sami Sandhaus, che nel 1962 brevettò il sistema dentale Crystalline Bone Screw (CBS®) impiegando allumina (Al2O3)[28,29]. Il sistema CBS® è stato seguito da altri dispositivi di allumina, come per esempio l’impianto Tübingen Frialit®, sviluppato da Heimke e Schulte[30], il sistema Brinkmann in allumina BIOLOX®[31] (fig. 4), il sistema Synthodont®, sviluppato da T.A. Driskell negli USA[32] che ha avuto una diffusione piuttosto ampia, mentre gli impianti Bioceram® in zaffiro sintetico (monocristallo di allumina) introdotti nel 1972 in uso clinico in Giappone furono utilizzati anche negli Stati Uniti dal 1980[33,34].

Fig. 4 Il sistema dentale Brinkmann in allumina BIOLOX (1980) (per gentile concessione della CeramTec GmbH, Divisione Prodotti Medicali, Plochingen, Germania)

Le limitate proprietà meccaniche dell’allumina decretarono la fine di queste esperienze e l’implantologia “metal free” sembrò scomparsa fino al 2004 quando Volz brevettò il suo sistema implantare in zirconia VollZirconÒ[35]. In precedenza la YTZP era stata impiegata nel sistema implantare SIGMA, illustrato in fig. 5, sviluppato già nel 1985 da Sandhaus[36,37], e nei perni endocanalari in zirconia[38,39].

Fig. 5 Sistema implantare SIGMAÒ (per gentile concessione del prof. Sami Sandhaus)

Biocompatibilità Ampie recensioni sui test di biocompatibilità eseguiti in vitro e in vivo su zirconia sono già state pubblicate altrove[14,15,40,41]. In breve, la zirconia è stata testata in vitro sotto diverse forme fisiche, per esempio polveri e ceramiche dense. Si noti che i risultati dei saggi in vitro sono influenzati dalla forma fisica, dal tipo ed estensione della superficie reattiva, dalla composizione chimica e dal contenuto di impurezze, dalle condizioni di prova.

Nonostante tali differenze, e le diverse linee cellulari impiegate (macrofagi, linfociti, fibroblasti e osteoblasti primari e stabili) c’è concordanza tra i diversi autori sulla citotossicità e citocompatibilità della zirconia, risultati confermati da numerosi studi in vivo che hanno evidenziato l’assenza di effetti tossici locali o sistemici dopo l'impianto di zirconia. Inoltre, gli studi volti ad assodare l’assenza di carcinogenicità e mutagenicità della zirconia hanno messo in evidenza l’assenza di questo tipo di reazioni sulle cellule mentre l’assenza di tumori è stata osservata dopo l’impianto a lungo termine in vivo[42,43].  

Radioattività La radioattività della zirconia è un aspetto che viene ancora oggi dibattuto da taluni. I primi risultati pubblicati su questo argomento, da Hopf et al.[44,45], suscitarono un relativo allarme, che talvolta viene evocato tuttora. Occorre però notare che tali studi avevano per oggetto polveri di zirconia impiegate come additivo radiopacizzante nel cemento per ossa a base di polimetilmetacrilato (PMMA) e non la zirconia ad alta purezza impiegata nelle ceramiche per impieghi clinici.

Nel corso dei processi produttivi delle polveri da impiegare per realizzare ceramiche a base zirconia, i radionuclidi contenuti nei minerali grezzi sono eliminati durante la fase di dissoluzione chimica del minerale. Le polveri quindi risultano praticamente prive di impurezze radioattive[17,46,47], e la loro attività specifica è inferiore o dello stesso ordine di grandezza di quella dell’osso umano[46-53]. Pochi infatti hanno coscienza del fatto che i radionuclidi sono praticamente ubiquitari. Uno assai comune è il 40K, isotopo del potassio, che ha un’attività specifica di 32 Bq/g ed è presente nel potassio naturale in ragione dello 0,0117%. Per questo anche il corpo umano è naturalmente radioattivo per via del 40K contenuto nel potassio presente nel sangue, nei muscoli e nelle ossa per un totale che varia tra 110 e 140 g in funzione della massa corporea, del genere e dell’età. Anche cibi e bevande contenenti potassio sono quindi naturalmente – e debolmente – radioattivi, come illustrato nella fig. 6[54].

Fig. 6 Attività specifica da 40K in alcuni alimenti[54]. Le attività specifiche del corpo umano e della YTZP per impianti dentali sono riportate per confronto. Tutti i valori sono espressi in Bq/kg

Osseointegrazione L’osseointegrazione della zirconia, dimostrata sperimentalmente già nel 1993 in modo indipendente sia da Miani et al.[55], impiegando cilindri ceramici, sia da Akagawa et al.[56] con impianti a vite sperimentali, è oggi un comportamento accertato clinicamente e confermato da numerose revisioni della letteratura[57-60]. Le proprietà di osseointegrazione della zirconia sono state incrementate tramite trattamenti mirati ad aumentare la pulizia e l’idrofilicità delle superfici endossee degli impianti[61]. Attualmente la sabbiatura delle superfici endossee seguita da attacco acido o il deposito superficiale di rivestimento bioreattivo sono i trattamenti più comuni[62-65], ma anche il trattamento della superficie via laser[66] o l’irraggiamento UV hanno dimostrato la loro efficacia nell’accelerare l’osseointegrazione degli impianti[67,68].  

Adesione batterica In un impianto dentale i primi segni di infezione possono essere un’indicazione di un risultato molto più critico rispetto al caso in cui le stesse complicazioni si presentino successivamente, a causa di disturbi a carico del processo di guarigione ossea primaria. Le proprietà del materiale sono fortemente correlate alle modalità con cui avvengono l’adesione e la colonizzazione batterica dell’impianto, e in questo la zirconia YTZP presenta dei significativi vantaggi rispetto al titanio[61].

Le prove in vitro effettuate da Rimondini et al.[69] hanno mostrato come, a confronto con il titanio, la zirconia Y-TZP cimentata con vari ceppi batterici (Streptococcus mutans, S. sanguis, Actinomyces viscosus, A. naeslundii e Porphyromonas gingivalis) accumuli meno colonie.

Questo comportamento è stato riportato anche da Röhling et al.[70] che hanno studiato la formazione di biofilm di placca umana su impianti in un modello sperimentale realizzato in camera di flusso anaerobica osservando che le superfici dell’impianto in zirconia hanno mostrato formazione di biofilm significativamente ridotta rispetto all’impianto in titanio.

Anche Oda et al.[71] hanno osservato in vitro che l’adesione batterica alla zirconia TZP risulta significativamente inferiore a quelle di titanio coltivando streptococchi (S. sanguinis, S. gordonii, S. oralis e S. mutans) su dischi di titanio commercialmente puro (CpTi) e zirconia (YTZP).

Queste osservazioni sono sovrapponibili a quelle riportate in studi in vivo da Scarano et al.,[72] che hanno mostrato come sulla superficie di dischi di zirconia mantenuti nel cavo orale si accumuli una flora batterica significativamente inferiore a quella dei campioni in titanio commercialmente puro (CpTi).

Una differenza significativa nella conta batterica ha evidenziato la minore adesione batterica alla zirconia rispetto al titanio anche nello studio clinico incrociato condotto da Nascimento et al.[73] impiegando abutment in titanio o zirconia montati su splint endorali in pazienti sani.

Estetica Rispetto agli impianti in titanio, quelli in zirconia offrono sicuri vantaggi estetici[9-12]. Grazie al colore bianco della zirconia si evita la linea grigia osservabile negli impianti in titanio in caso di recessione gengivale, così come l’ombra grigiastra che appare nei pazienti con tessuti gengivali sottili[74,75]. Inoltre, sono da qualche anno sul mercato impianti in zirconia che simulano – grazie a opportuni additivi – la colorazione dei tessuti gengivali. Risultati eccellenti in termini sia di estetica che di condizioni dei tessuti papillari sono stati riportati in studi clinici aventi per oggetto impianti dentali in zirconia[76-80].  

Rotture e degradazione idrotermica La rottura dell’impianto è una delle complicanze di questo tipo di trattamento ed è diffusamente discussa dalla letteratura[81,82]. L’incidenza riportata è del 2,3% in una serie di 218 impianti in titanio con un follow-up massimo di 10 anni[83]. Nel caso degli impianti in zirconia, incidenza di rotture fino al 4,1% sono state osservate nel primo anno di impianto[84] e fino al 5,4% durante il serraggio[85]. Va però considerato che entrambe questi studi sono stati condotti su dispositivi sperimentali, prodotti da un’azienda del Sud Africa che non è mai stata presente sul mercato dell’implantologia metal-free. Anche le numerose fratture riportate da Gahlert et al.[86] sono relative a impianti in zirconia di modello non più disponibile, con diametro 3,25 mm.

Sussiste una differenza significativa tra gli impianti di prima e di seconda generazione oggi in commercio che presentano una frequenza di frattura dello 0,2% rispetto al 3,4% medio di quelli della generazione precedente[88]. Ciò è dovuto ai miglioramenti intervenuti nei processi produttivi, soprattutto nella fase di preparazione dei materiali prima della formatura (per esempio, diminuzione degli aggregati, ottimizzazione degli additivi) o della formatura per pressatura isostatica eliminando le lavorazioni di macchina[89]. Va comunque considerato che la zirconia, nonostante le ottime proprietà di resistenza e tenacità del materiale, non può avere – e non ha – prestazioni illimitate: le fratture degli impianti in zirconia sono di tipo “fragile”, in cui è generalmente determinabile un punto di innesco corrispondente a un difetto superficiale o a una concentrazione di sforzo dovuta al disegno dell’impianto su di una superficie sollecitata in trazione.

Tutto ciò ha poco a che fare con la degradazione idrotermica della zirconia (Low Temperature Degradation - LTD) o invecchiamento (aging) della zirconia che è stato oggetto di numerosi studi, in considerazione della sua rilevanza sulla tenuta meccanica dei componenti in YTZP. La zirconia deve la sue proprietà alla capacità della fase tetragonale mantenuta in uno stato metastabile di trasformarsi in monoclina. Questa trasformazione può però avvenire anche spontaneamente, degradando le proprietà meccaniche del materiale[86]. I meccanismi chimico-fisici che danno origine alla LTD sono dibattuti tutt’ora: sono stati proposti più modelli per spiegare questo comportamento, e nessuno a oggi risulta pienamente soddisfacente[22], sebbene le diverse osservazioni concordino sul fatto che la cinetica di trasformazione è promossa dalla temperatura (soprattutto per T >100-150 °C) e dalla presenza di acqua nell’ambiente.

I rimedi sviluppati fino a ora per controllare la LTD si erano dimostrati efficaci nel rallentare la cinetica di trasformazione; il rimedio più comune consiste nel drogare durante il processo di produzione le polveri di zirconia aggiungendo piccoli quantitativi per esempio di ceria (CeO2) o allumina (Al2O3). L’allumina è l’additivo più utilizzato sino dagli anni ’90[90,91]. Sebbene i risultati a oggi disponibili siano stati ottenuti in studi in cui il processo è avvenuto in modo accelerato, è stata ampiamente dimostrata l’efficacia del drogaggio con allumina nell’inibire la cinetica della LTD sino ad annullarne praticamente gli effetti sulla tenuta meccanica dei componenti per tempi compatibili con la durata degli impianti[92-96].

4. Sviluppi in corso A partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, l’attenzione dei ceramisti si concentra fortemente sullo sviluppo di ceramiche a base di zirconia con strutture binarie o ternarie da impiegare nei dispositivi medici aventi proprietà meccaniche migliorate rispetto a Y-TZP. Si tratta essenzialmente di composti di zirconia/allumina classificabili a seconda del costituente principale come Zirconia-Toughened Alumina (ZTA) se si tratta di allumina contenente una dispersione di zirconia, o Alumina-Toughened Zirconia (ATZ) quando la zirconia è la matrice del composito. La soglia energetica per la transizione da tetragonale a monoclina è aumentata a causa dalla maggiore rigidezza dei grani di allumina – (EAl2O3 = 380 GPa; EYTZP = 200 GPa) - che contrastano l’espansione di quelli di zirconia durante la trasformazione di fase[13].

L’ATZ BIO-HIP® (Metoxit AG, Tahingen, Svizzera) è costituita per l’80% di zirconia e per il 20% di allumina. La fase di zirconia tetragonale è stabilizzata con 3% molare di ittrio come per la zirconia monolitica standard (3Y-TZP). I grani di allumina sono finemente dispersi nella matrice di zirconia e il diametro medio dei grani si avvicina a 0,4 µm, sia per ZrO2 che per Al2O3. ATZ può apparire un materiale relativamente semplice; tuttavia, le proprietà di questi materiali speciali dipendono in modo significativo dalle fasi e dalle condizioni di produzione che sono differenti per ogni singolo produttore. Un’ulteriore ATZ prodotta dalla stessa azienda (ZIRALDENT®) contiene la Al2O3 aumentata al 25%, portando a un materiale rinforzato che grazie alla sua elevata resistenza viene utilizzato per produrre strumenti di perforazione per applicazioni dentali[97].

Compositi trifasici innovativi basati su Ce-TZP sono stati recentemente sviluppati nel quadro del progetto UE LONGLIFE. I compositi Ce-TZP/8 vol% Al2O3/ vol% SHA (indicati come ZA8Sr8) sono ottenuti grazie a un processo che consente una distribuzione altamente omogenea delle seconde fasi nella matrice di zirconia, l’adattamento della granulometria e della morfologia, uno stretto controllo della stechiometria e della purezza di tutte le fasi[98,99].

CeramTec Gmbh (Plochingen, Germania) ha recentemente divulgato un nuovo ZTC con notevoli proprietà meccaniche[100]. Identificato come HTZ500, è costituito da una matrice di Y-TZP (granulometria: 0,27 mm) contenente una dispersione di 5 vol% di esalluminato di stronzio (SrAl12O19 - SHA). I cristalli di SHA che nucleano nel materiale durante la sinterizzazione hanno forma allungata (L/d 10/1) e si comportano come fibre corte, rinforzando il materiale che ha resistenza alla flessione circa 1,6 volte quella Y-TZP e alta resistenza al danneggiamento durante le operazioni di fresatura[101-103]. Questa soluzione – il rinforzo con SHA – è già presente in un altro materiale (BIOLOX delta®) sviluppato da CeramTec negli anni ’90 e che è attualmente la ceramica standard in artroprotesi[104].

Tab. 5 Caratteristiche di alcune ZTC per impianti dental

(*) misura effettuata con punzone su 3 sfere (ISO6872)

SHA: esalluminato di stronzio (SrAl12O19)

5. Conclusioni La zirconia ha una storia di oltre trent’anni come materiale impiegato nei dispositivi medici impiantabili. Inizialmente impiegata in ortopedia, oggi fa stabilmente parte dell’armamentario dell’odontoiatra, offrendo un’ulteriore opzione di trattamento rispetto ai materiali metallici di uso consolidato.

Grazie alla comprovata biocompatibilità, all’osseointegrazione simile a quella degli impianti in titanio, ma con vantaggi rispetto a esso in termini di estetica e ridotta adesione batterica, la zirconia è in grado di risolvere quei casi che usando componenti metallici non raggiungerebbero i risultati attesi dai pazienti.

Il successo clinico degli impianti in zirconia sta sostenendo la domanda di disegni di maggiore complessità, quali impianti in due tempi o con diametro ridotto (3,5 mm o inferiore). Ciò sta stimolando lo sviluppo di materiali ceramici con resistenza e tenacità migliorate rispetto a Y-TZP. Un esempio di questa tendenza sono gli impianti ATZ già in uso clinico, mentre altre ZTC che sfruttano i potenziali vantaggi dei materiali nanostrutturati polifasici sono in fase di sviluppo avanzato.

Oltre alle innovazioni già introdotte nella lavorazione degli impianti dentali (ad esempio, stampaggio a iniezione) innovazioni nel disegno potrebbero consentire di ridurre i costi di fabbricazione degli impianti metal-free.

Fig. 7 Impianti dentali DensiloxÒ (per gentile concessione della CeramTec GmbH, Divisione Prodotti Medicali, Plochingen, Germania)

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